Attivazione delle aree corticali motorie nel morbo di Parkinson Studio funzionale con risonanza magnetica

I pazienti affetti da morbo di Parkinson (MP) sperimentano nella bradicinesia uno dei sintomi più disabilitanti, verosimilmente determinato da una deafferentazione dai nuclei della base di alcune aree corticali motorie. Scopo di questo studio è stato quello di evidenziare mediante risonanza magnetica funzionale (fMRI) differenze nell'attivazione delle aree corticali motorie primarie e secondarie in risposta a compiti motori specifici tra un gruppo di pazienti affetti da MP iniziale e un gruppo di soggetti di controllo di pari età. Abbiamo inoltre studiato l'effetto dell'apomorfina, farmaco dopaminoagonista efficace nella bradicinesia, per verificare se al miglioramento clinico corrispondesse una variazione di attivazione delle aree corticali motorie. I pazienti hanno mostrato una riduzione significativa del numero di sequenze motorie effettuate con la mano destra, lato più affetto, rispetto al controlato ed ai controlli. Dopo somministrazione di apomorfina si è verificato un incremento della media delle sequenze motorie, senza però raggiungere i valori dei controlli.

L'esame con fMRI ha fatto evidenziare che il numero totale di pixel non differiva tra i vari gruppi. Nei pazienti si è osservata una attivazione statisticamente inferiore dell'area corticale motoria primaria (M1) controlaterale al lato più affetto e una maggior attivazione, statisticamente significativa, dell'area corticale premotoria laterale (PML) nell'emisfero più affetto.

La riduzione di attivazione nella Ml è in relazione principalmente con il rallentamento motorio, mentre l'iperattivazione della PML potrebbe essere il correlato neuroradiologico delle alterazioni che sottendono una disfunzione delle afferenze dai nuclei della base.

Riferimenti neuroradiologici nella diagnostica differenziale delle demenze dell'età avanzata

Allo scopo di fornire un contributo nella diagnostica delle demenze dell'età avanzata abbiamo valutato con risonanza magnetica i due reperti di maggiore interesse nell'invecchiamento cerebrale, volumetria ippocampale e lesioni iperintense della sostanza bianca e dei nuclei della base, in 12 pazienti affetti da malattia di Alzheimer (AD), in 9 da demenza vascolare (VD), in 12 con Age Associated Memory Impairment (AAMI), entità clinica di riscontro relativamente frequente nell'anziano su cui non esistono ancora pareri univoci, e in 9 soggetti di controllo di analoga fascia di età.

I gruppi AD e AAMI sono risultati indistinguibili, in quanto entrambi hanno presentato una significativa riduzione del volume ippocampale rispetto agli altri gruppi ed una presenza di iperintensità della sostanza bianca analoga ai controlli. Nel gruppo VD al contrario la presenza di iperintensità della sostanza bianca, distinte dalla parete ventricolare, è risultata significativamente superiore rispetto a tutti gli altri gruppi; analogo andamento è stato osservato anche per le iperintensità dei nuclei della base ed infratentoriali. Le iperintensità periventricolari si sono invece dimostrate reperto meramente associato all'età.

Questi risultati sembrano indicare che un esame RM, basato sulla combinazione di uno studio volumetrico ippocampale e di una valutazione semiquantitativa delle lesioni iperintense, offre fondamentali elementi «in positivo» nella diagnostica differenziale delle demenze. In particolare la AD e la VD sono ben caratterizzate e l'AAMI sembra essere una fase precoce di AD piuttosto che un'entità a se stante.

Aicardi syndrome associated with autosomal genomic imbalance: coincidence or evidence for autosomal inheritance with sex-limited expression?

Aicardi syndrome (AIS), a rare neurodevelopmental disorder thought to be caused by an X-linked dominant mutation, is characterized by 3 main features: agenesis of corpus callosum, infantile spams and chorioretinal lacunae. A genome-wide study of a girl with AIS lead us to identify a 6q deletion;12q duplication, derived from a maternal 6q;12q translocation. The two intellectually impaired brothers of the proband showed the same genomic anomalies, but not the constellation of features characterizing the AIS. This could be either a coincidental observation of 2 rare conditions, but can also suggest an alternative hypothesis for the genetic etiology of AIS, indicating the existence of a subset of autosomal genes whose mutation could act in a sex-confined manner.

Prognostic value of the dense middle cerebral artery sign in patients with acute ischemic stroke

The presence of a dense appearance of the horizontal part of the middle cerebral artery (the "dense middle cerebral artery sign") was looked for on CT scans taken on admission in 90 consecutive patients with ischemic stroke in the carotid artery distribution. The outcome of the 14 patients with the sign was poorer than that of 76 patients without the sign (Odds ratio 4.3). We suggest that this sign could be a useful prognostic variable in the acute phase of an ischemic stroke.

First-year results of a community-based study of stroke incidence in Umbria, Italy

The SEPIVAC study (Italian initials for "epidemiologic study of incidence of acute cerebrovascular disease") is a community-based epidemiologic survey of incidence and outcome of cerebrovascular disease in the territory of the 6th Local Health Unit, Umbria, Italy, where 49,101 people live. All cases were registered with the study either by notification from general practitioners or by check of hospital admission within the study area and in the two hospitals of Perugia. Death certificates were looked at as well. Patients were registered with the study when the clinical picture fulfilled the definition of stroke and transient ischemic attack (TIA) adopted for this study. Patients were followed up at approximately 30 days and 6 months. During the first year of the study (September 1, 1986 to August 31, 1987), 189 cases were registered: 108 suffered a "first ever in a lifetime" stroke, 30 a recurrent stroke, and 51 a "first ever in a lifetime" transient ischemic attack. Sixty-one percent of patients (71% of first strokes) had a computed tomography scan. For our study, the crude annual incidence rate of first stroke was 2.2 per 1,000 (confidence intervals 1.81-2.66); the standardized rate to the European population was 1.36 (confidence intervals 1.06-1.74). At least 83% of first strokes were due to cerebral ischemia; in 26 cases a clinical diagnosis of lacunar ischemia was made. The 30-day case fatality rate was 21%; 25% of our patients had recovered completely or almost completely after 1 month.

[Use of the "N of 1" method for determining therapeutic choice: first experiences]

The "N of 1" study is a randomized, placebo-controlled, cross over study of a single drug in a single patient, which can be particularly useful when physicians are faced with chronic, stable diseases and/or complex treatments. We applied this model in 2 patients with neurological disorders. In the first case (a movement disorder) the N of 1 trial allowed us (and the patient!) to conclude that only one drug was really needed to control the disease. In the second case (a painful neuropathy) we could avoid using a potentially useful, but toxic drug, which turned out to be no more effective than placebo. We suggest that the "N of 1" trial model should be frequently applied in general as in well as in neurological practice.